“Colui che rispetta l’ambiente salva la terra e non la padroneggia né l’assoggetta” (M. Heidegger)

martedì 10 luglio 2012

Energia pulita con l'agrovoltaico, un progetto made in Italy

Erano gli anni ’60 e Louiselle cantava “Andiamo a mietere il grano”, inno all’amore campestre e alla libertà dai canoni della nascente società dei consumi. Qualche annetto dopo, sopra quel grano dorato scenografia di mitologiche avventure o di racconti dal sapore contadino, fanno la loro comparsa nientepopodimeno che: i pannelli fotovoltaici. Dov’è il filo rosso che lega la dorata spiga al violaceo silicio dei pannelli? Nella perfetta integrazione tra agricoltura e produzione di energia pulita che prende il nome di: Agrovoltaico®. È questa una tecnologia che consente di superare i limiti classici degli impianti fotovoltaici di terra: compatibilità con l’agricoltura, consumo di suolo, sostenibilità ambientale e tutela del paesaggio.
 Il 4 luglio, a Monticelli d’Ongina in provincia di Piacenza, le mietitrebbie hanno raccolto il frumento seminato lo scorso novembre. L’impianto, realizzato dalla R.E.M. (Revolution Energy Maker), si estende su ventuno ettari di terreno agricolo dove sono stati installati  una serie di pannelli a inseguimento solare, realizzati su strutture mobili sospese a 4,5 metri di altezza e connesse fra loro attraverso un innovativo sistema di controllo e comunicazione wireless. I pannelli fotovoltaici sospesi e la struttura flessibile, che non ingombra ed è realizzata con materiali non inquinanti e riciclabili, non sottraggono spazio al terreno coltivabile e non pongono vincoli alle operazioni legate all’attività agricola. Per questo motivo è stato coniato il termine Agrovoltaico®: una tecnica di produzione che permette agli agricoltori di continuare a coltivare i loro terreni, producendo allo stesso tempo energia pulita. È questo un progetto interamente made in Italy destinato a cambiare le politiche di sviluppo del fotovoltaico, con buona pace di chi sostiene che non è possibile seminare grano sotto i pannelli. Non più fiori nei cannoni, dunque, ma dorate spighe di grano.

di Giorgio Ventricelli

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